KAJDA
un documentario di Nico Staiti
Regia Nico Staiti
Direttori della fotografia Michele Gurrieri e Nico Staiti
Montaggio Mauricio Lleras
Color correction Antoine d’Artemare
colore, 71′, Italia, 2012
HD, 16/9
Kajda è una parola di origine indiana che si riferisce a formule ritmiche.
In Kosovo oggi è usata da musicisti rom, donne e uomini effeminati. Marginali tra i marginali, una manciata di musicisti sono interpreti di una tradizione musicale unica che è al centro della vita culturale di tutti gli abitanti di un paese.
All’inizio del XX secolo, in seguito alla creazione del Regno di Serbia e Montenegro, fu introdotto il servizio militare obbligatorio. I soldati di leva provenienti dal Kosovo si muovevano in modo diverso da quelli di altre origini regionali. I superiori si rassegnarono all’ovvia necessità di istituire corsi speciali dove ai soldati kosovari veniva insegnato a camminare al ritmo binario dei tamburi come gli altri soldati. In Kosovo, il senso del ritmo si è sviluppato in un modo unico: le strutture ritmiche si basano sulla giustapposizione di durate non proporzionali.
Questo produce forme ritmiche tra le più complesse e sofisticate al mondo. Queste tradizioni sono il prodotto di un’interpretazione della musica locale da parte di musicisti specializzati della comunità Rom. Così, una minoranza emarginata è diventata indispensabile per la sopravvivenza della cultura di altri gruppi etnici: albanesi, turchi, serbi, gorani. Al centro di questa tradizione, nel Kosovo occidentale, sono le suite di danze cantate e suonate con il tamburello durante le parti dei riti riservati esclusivamente alle donne.
I suonatori sono coppie di musicisti rom professionisti, donne o uomini effeminati. Il rapporto tra tamburello, rituali femminili, travestitismo e omosessualità è attestato dall’antichità ai giorni nostri in un’area geografica molto ampia, che va dall’India al bacino del Mediterraneo. Il culto di Cibele, dea nera, era officiato da donne o uomini travestiti o evirati che suonavano il tamburello. Gli emarginati tra gli emarginati sono quindi gli eredi e gli interpreti di un’antica tradizione, rimodellata in modo del tutto particolare. I testi cantati sono articolati su melodie che rimangono invariate durante lo spettacolo. La struttura ritmica, tuttavia, è in costante mutamento: in un singolo brano ci sono a volte più di venti diverse formule ritmiche, basate su valori di durata non proporzionale, impossibili da trascrivere nella notazione occidentale.
Si tratta di una concezione musicale radicalmente diversa dalla nostra: non c’è evoluzione melodica e armonica, mentre il ritmo è estremamente complesso rispetto alla maggior parte delle tradizioni musicali del mondo. Le formule ritmiche che costituiscono la base di questo repertorio sono chiamate kajda dai musicisti. Questa parola romaní non appartiene a nessuna delle lingue parlate nei Balcani. Come gli antenati dei musicisti rom, viene dal nord dell’India.
Kajda racconta la storia di questa tradizione musicale e dei suoi protagonisti nel Kosovo di oggi.
Le riprese di Kajda sono iniziate in Kosovo, nella regione di Prizren, nel 2008, e sono proseguite fino all’autunno 2011 grazie a un finanziamento dell’Università di Bologna. Il film è stato distribuito in DVD accompagnato da un libro fotografico ed etnomusicologico su questa tradizione musicale.
Nico Staiti, il direttore è professore di etnomusicologia e organologia all’Università di Bologna.
Il film corona una ricerca etnografica che ha iniziato vent’anni fa.
LINK LIBRO: https://www.squilibri.it/catalogo/ebook/nico-staiti-kajda.html